Dalla Prefazione che ho scritto all’edizione italiana dell’ICF-CY adottato dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS):
“Una società giusta non deve ignorare i bisogni di cura: deve elargire le cure necessarie a chi ha bisogno e considerare adeguatamente l’onere che grava sulle persone che provvedono a dispensarla. Ogni teoria della giustizia che intende farsi carico del problema della disuguaglianza ha bisogno di considerare in modo adeguato tutte le condizione di bisogno, di dipendenza e di cura che caratterizzano la vita umana, e in particolare, in molti Paesi, delle donne, delle bambine. Se è vero che spesso i bambini con disabilità sono sottoposti a discriminazione, in una società giusta sarà necessario progettare un maggior numero di facilitatori. Vivere in un ambiente “facilitatore”, infatti, è la condizione essenziale affinché una persona possa vivere con dignità la propria condizione di persona, malgrado la disabilità. ICF CY, così come ICF d’altronde, sposta il focus dalla visione riduttiva della disabilità descritta come menomazione fisica o psichica ai bisogni dell’ambiente della persona. Accettare questa prospettiva biopsicosociale di ICF CY, ci permette di riaffermare quella che io definisco “la rivoluzione dell’ICF” e cioè che ogni persona in qualunque momento della vita, può avere una condizione di salute che in un contesto sfavorevole diventa disabilità.
Parlare di disabilità oggi vuol dire adottare una visione dell’uomo che lo consideri sin dall’inizio della sua esistenza una persona dotata tanto di capacità razionale, emotiva ed affettiva, quanto di concreti bisogni fisici e materiali, una visione quindi che adotti completamente e praticamente il modello bio psicosociale alla base di ICF. Sono convinta, infatti, che soltanto una concezione che comprenda sia le fasi esistenziali della crescita, sia quelle del declino, ci metterà nelle condizioni di riflettere in modo adeguato su ciò che la società dovrebbe prevedere per garantire la giustizia. La società, quindi, tutti ed ognuno di noi, deve essere facilitatore e non barriera”.

Vai al sito ICF »