Insignita del premio 100 eccellenze italiane, la ricercatrice Matilde Leonardi racconta la sua esperienza: «Da più di 30 anni mi occupo di ricerca sulla disabilità in Italia e nel mondo”

Ricerca, pochi fondi ma tante eccellenze. Leonardi (Carlo Besta): «Qui è difficile ma vale la pena restare»

Appassionata e competente, tra le eccellenze italiane. Matilde Leonardi, neurologa e direttrice del Centro ricerche sul Coma dell’ Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano è il simbolo della ricerca italiana che non si arrende alle difficili condizioni “ambientali” del contesto italiano. «Sono solidale con i ricercatori che fanno fatica in termini di precarietà, in termini di soldi che non sono mai tanti» ci dice a margine della cerimonia in Campidoglio che ha premiato le 100 eccellenze italiane riconosciute dall’associazione Liber.

«Da più di 30 anni mi occupo di ricerca sulla disabilità in Italia e nel mondo» racconta ai microfoni di Sanità Informazione. La ricercatrice, 57enne, da anni si occupa di disabilità, salute pubblica, neurologia e politiche socio-sanitarie in Italia e all’estero. «La disabilità è stata un po’ il centro di molte ricerche – continua – che partivano da un concetto molto importante: la disabilità non è una condizione solo di salute, ma è la condizione di salute che una persona ha nel contesto in cui si trova. Sulla base di questo lavoro abbiamo sviluppato tantissime ricerche in cui cerchiamo di migliorare una politica per i diritti delle persone. È stato poi inevitabile studiare anche l’impatto dei disordini della coscienza. Lo stato vegetativo, lo stato di minima coscienza. Affascinanti misteri del nostro cervello che generano un’area di ricerca innovativa».

Eppure la ricerca italiana continua a scontrarsi con scarsi investimenti ed eterno precariato. Come registrato nelle scorse settimane dal Sole 24 Ore, i nostri investimenti in R&S non arrivano all’1,4% del Pil. Lo stanziamento di fondi per il 2020 si è arrestato a 25 milioni di euro. Somme che ci allontanano dall’obiettivo che tutta l’Europa si è data per fine 2020, cioè il 3% del prodotto interno lordo. Ma anche dal più avvicinabile obiettivo nostrano dell’1,53%. «Proprio oggi in molti istituti di ricerca italiani si sta discutendo riguardo a un sistema che dovrebbe regolarizzare i ricercatori, – spiega Leonardi – ma lo si fa in una maniera che ancora penalizza da un punto di vista economico e mortifica le eccellenze del nostro parterre di ricercatori».

«Mi auguro ci sia la volontà di non soffocare i ricercatori che restano, – continua – che sono i cervelli che vanno e che tornano. La ricerca è un percorso e io mi auguro che l’Italia abbia le condizioni per tenere i nostri ricercatori. Anche noi che siamo più vecchi abbiamo la responsabilità di favorire tutte le condizioni per tenere i nostri ricercatori in Italia. È molto difficile ma vale la pena restare. C’è una ricerca italiana che è unica e che si fa non solo in Italia ma anche con i nostri ricercatori che vanno all’estero. Dobbiamo essere in grado di farli rientrare e di attrarli».