L’invito che mi arriva dai colleghi del Pio Albergo Trivulzio di Milano è chiaro: “Devi condividere durante il convegno dell’8 marzo su ” Viaggio nel mondo della patologia femminile”  ciò che ritieni essere peculiare del tuo essere un medico donna”.
Per una volta non mi chiedono di parlare dei risultati del mio lavoro, ma di come vivo il mio lavoro. Molto bello questo tema per me.
Io SONO un medico, non lo FACCIO, e da sempre sostengo che essere un medico donna italiana sia un grande vantaggio. Da oltre venticinque anni mi occupo di neurologia e di disabilità. Negli ultimi cinque anni per monitorare la situazione delle persone con disabilità sono stata per lavoro in oltre 60 Paesi, in tutti i continenti praticamente. Essere medico,italiano, donna mi permette di entrare in brevissimo tempo in comunicazione con le persone. Di norma i politici che ho incontrato sono maschi. Rare donne ministro. La maggioranza delle persone non politiche che ho incontrato nel mondo sono donne, quelle che chiamo rivoluzionarie della tenerezza.Perché la verità è che da Gibuti al Turkmenistan, dal Messico alla Cina, dall’India al Canada nei miei viaggi io ho incontrato e incontro donne. Donne con disabilità , donne caregivers di figli, mariti, fratelli, padri. La cosa di cui sono certa è che lo sguardo e le richieste di una madre che ha in braccio il proprio bambino affetto da paralisi cerebrale sono le stesse in tutto il mondo. Declinate secondo criteri socioculturali diversi, ma le richieste sono le stesse. Cosa possiamo fare, riuscirà a camminare, ad andare a scuola, a parlare? Ci sono terapie, anche in capo al mondo, anche se ti do un mio braccio, un mio rene, quello che vuoi prendilo da me, ma dimmi: cosa devo fare per farlo guarire? Ti prego, ma tu all’altro capo del mondo hai visto se esiste una cura nuova, una magia, un miracolo?
Non parlo tutte le lingue ovviamente, ma in qualunque lingua mi sono state fatte, da centinaia di donne, queste stesse identiche domande.
Essere medico vuol dire ascoltare e dire la verità. Non dare mai illusioni ma non togliere mai la speranza. Perché, di tutte le scienze, solo la medicina, che richiede tenaci studi e insaziabile curiosità di apprendere, è detta arte. Arte medica.
E perché, di fatto, solo tre cose al mondo sono in grado di trasformare la realtà presente: la commedia, la poesia e la scienza. Quest’ultima, grazie alla ricerca e alla curiosità del ricercatore, ogni giorno fa progressi. Che le donne di tutto il mondo aspettano, per curare i loro bambini con paralisi cerebrale. O qualunque malattia.
Sono una privilegiata, condivido con tante donne e tanti uomini questa passione per la ricerca coltivando la speranza che uno di noi, uomo o donna non è rilevante, ogni giorno possa con la ricerca cambiare la realtà di una malattia, sconfiggendola. Con i collaboratori e colleghi del Centro Ricerche sul Coma del Besta lavoriamo con questo spirito, con femminile tenacia e maschile persistenza!
Buon otto marzo!